ADESCAMENTO ONLINE: GUIDA COMPLETA PER GENITORI SU COME RICONOSCERLO E PROTEGGERE I FIGLI

Viviamo in un’epoca in cui la connessione digitale è parte integrante della quotidianità, anche per i più piccoli. Bambini e adolescenti navigano in rete fin dalla tenera età, spesso prima ancora di imparare a leggere o scrivere. Questa nuova realtà, se da un lato offre enormi opportunità educative, relazionali e creative, dall’altro espone i minori a rischi concreti, tra cui uno dei più insidiosi e sottovalutati: l’adescamento online, conosciuto anche come grooming.

Si tratta di un processo manipolativo messo in atto da adulti, spesso ben organizzati e capaci di camuffarsi, che sfruttano la rete per entrare in contatto con i minori, conquistarne la fiducia e portarli progressivamente verso un coinvolgimento emotivo, sessualizzato o addirittura verso un incontro reale. Per questo motivo, è fondamentale che i genitori e gli adulti di riferimento acquisiscano consapevolezza, conoscenze e strumenti adeguati per affrontare questo fenomeno e proteggere i più giovani.
La guida realizzata dalla Polizia di Stato in collaborazione con Save the Children rappresenta un’importante risorsa educativa. In questo articolo, ispirato direttamente a quel documento, analizzeremo le caratteristiche dell’adescamento online, i segnali da non sottovalutare e le strategie pratiche di prevenzione da adottare in base all’età del bambino o ragazzo.

Bambini 0-6 anni: la prevenzione parte dai primi schermi

Molti genitori sottovalutano l’esposizione digitale nei primi anni di vita, pensando che i più piccoli siano “troppo giovani” per essere a rischio. In realtà, proprio la fascia d’età 0-6 anni richiede massima attenzione. I bambini non distinguono ciò che è virtuale da ciò che è reale e apprendono principalmente per imitazione. Se un genitore è costantemente connesso, anche loro tenderanno a voler usare dispositivi come tablet e smartphone.
In questa fase lo scopo non è solo proteggere, ma educare: l’uso delle tecnologie deve essere fortemente limitato (l’OMS raccomanda zero schermi sotto i 2 anni e massimo un’ora al giorno tra i 2 e i 5 anni), ma soprattutto deve avvenire in presenza di un adulto, con contenuti selezionati e finalità educative. App e giochi devono essere adatti all’età e alle esigenze evolutive dei bambini, evitando esposizioni a contenuti stimolanti prima del sonno o durante i pasti.

Una questione fondamentale è anche l’esempio: se i bambini vedono i genitori distratti dal telefono, impareranno che quel comportamento è normale. Inoltre, è importante riflettere sull’utilizzo dei social da parte degli adulti. Pubblicare immagini dei propri figli (lo “sharenting”) può sembrare innocuo, ma rappresenta un rischio serio: foto anche apparentemente innocenti possono finire in contesti illeciti, come quelli legati alla pedopornografia. Prima di postare, chiediamoci: mio figlio approverebbe questa foto tra dieci anni?.

Bambini 6-10 anni: l’ingresso nel mondo “onlife” e i primi rischi concreti

Tra i 6 e i 10 anni, i bambini iniziano a muovere i primi passi in autonomia nel mondo digitale. È l’età in cui aumentano le attività online legate al gioco, alla scuola e alla socializzazione. In molti casi possiedono già un proprio dispositivo (tablet, smartphone o console) e iniziano a esplorare ambienti digitali come app, piattaforme di gioco multiplayer e, talvolta, i social network – anche se in maniera non sempre consapevole.
Questa fascia d’età è caratterizzata da ciò che il filosofo Luciano Floridi definisce “onlife”: una condizione in cui la distinzione tra mondo fisico e digitale si dissolve. Per i bambini, il gioco su uno schermo ha la stessa rilevanza di un’attività fatta nel parco con gli amici. È una realtà ibrida in cui imparano, sperimentano emozioni, costruiscono la propria identità e iniziano a interagire con l’altro.
Tuttavia, in questa fase si aprono anche le porte ai primi pericoli concreti: i bambini possono entrare in contatto con sconosciuti attraverso chat di videogiochi o piattaforme online, vedere contenuti violenti o sessuali non adatti alla loro età, o incorrere in tentativi di truffe legate a giochi e microtransazioni. Un altro rischio, spesso sottovalutato, è la perdita di controllo dei dati personali: foto, informazioni, video possono essere condivisi ingenuamente, senza consapevolezza delle conseguenze.

Cosa possono fare i genitori

In questa fase educativa è essenziale un equilibrio tra protezione tecnica e relazione educativa. Da un lato, è utile impostare controlli parentali, scegliere insieme le app da utilizzare e concordare le regole sull’uso dei dispositivi. Le impostazioni di privacy devono essere sempre attive, e l’accesso a contenuti e app va monitorato con attenzione.
Dall’altro lato, però, i bambini hanno soprattutto bisogno di ascolto e presenza. I genitori devono mostrare interesse per le attività online dei figli, chiedere di raccontare ciò che fanno, cosa amano, chi conoscono nei giochi o nelle chat. È fondamentale creare un clima di fiducia, in cui i figli possano condividere esperienze, paure o situazioni che non comprendono, sapendo di non essere giudicati.
Un altro strumento importante è il confronto con altri adulti di riferimento: costruire una rete educativa con altri genitori, insegnanti e familiari aiuta a condividere buone pratiche e a sviluppare un approccio coerente rispetto all’uso della tecnologia.

Preadolescenti 10-13 anni: quando il digitale diventa spazio di autonomia (e vulnerabilità)

Nella fascia d’età compresa tra i 10 e i 13 anni, bambini e bambine iniziano a rivendicare spazi di autonomia, anche nel mondo digitale. È in questo periodo che, spesso, ricevono il primo smartphone personale, creano profili social (non sempre nel rispetto dei limiti di età previsti dalle piattaforme) e iniziano a utilizzare in modo più indipendente app di messaggistica e giochi online.
Tutto questo avviene in un momento cruciale della crescita, in cui si costruisce l’identità personale e sociale, si sperimentano emozioni intense e si cerca il riconoscimento degli altri. I preadolescenti desiderano sentirsi grandi, ma non sempre hanno la maturità necessaria per gestire relazioni complesse, soprattutto in un ambiente virtuale dove chiunque può fingersi qualcun altro.

Proprio in questa fase, il rischio di adescamento online diventa concreto. Gli adescatori, o groomer, sono spesso adulti che si presentano con falsi profili per entrare in relazione con i ragazzi, guadagnare la loro fiducia e instaurare un legame affettivo o sessuale. Possono agganciare la vittima in una chat di un videogioco, in un gruppo su Instagram o TikTok, oppure in app meno conosciute ma popolari tra i giovani.
Utilizzano strategie raffinate: fanno sentire il ragazzo o la ragazza speciali, ascoltano, si mostrano affini nei gusti musicali, nei giochi, nei problemi scolastici. Gradualmente passano a un linguaggio più intimo, fino a introdurre richieste esplicite di immagini o video a sfondo sessuale, o addirittura a proporre incontri reali. Spesso, tutto questo avviene senza che l’adulto di riferimento ne sia minimamente consapevole.

Come intervenire da genitori

A questa età, non si tratta più solo di bloccare o limitare, ma di costruire una vera e propria alleanza educativa. Serve una comunicazione basata sulla fiducia e sull’ascolto, capace di andare oltre i divieti e di favorire un uso consapevole delle tecnologie.
È utile accompagnare i ragazzi nella creazione dei profili social, impostando insieme le regole sulla privacy e su ciò che è opportuno condividere o meno. Bisogna spiegare chiaramente cosa siano i comportamenti a rischio, come riconoscere un contatto inappropriato e cosa fare in caso di situazioni sospette. Ma soprattutto, è necessario trasmettere ai figli che possono sempre chiedere aiuto, anche se hanno commesso un errore o si sentono in colpa.
Anche in questo caso, il dialogo con altri adulti (insegnanti, educatori, altri genitori) può essere di grande supporto. E se qualcosa ci insospettisce, non bisogna avere timore di rivolgersi alla Polizia Postale o consultare portali come www.commissariatodips.it o www.generazioniconnesse.it.

Adescamento online: il reato, le fasi e come affrontarlo

L’adescamento online non è solo un pericolo astratto, ma un reato grave e riconosciuto dal nostro ordinamento, disciplinato dall’articolo 609-undecies del Codice Penale. Secondo la legge, è punibile “chiunque adeschi un minore di anni 16 attraverso artifici, lusinghe o minacce, anche mediante la rete internet, con l’intento di commettere reati sessuali o sfruttamento dell’immagine del minore”. La pena prevista va da uno a tre anni di reclusione, anche se il fatto non si traduce in un incontro fisico.
Ma come avviene, concretamente, questo processo?
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Le fasi del grooming online

Se sei un genitore e noti comportamenti insoliti in tuo figlio – chiusura, uso eccessivo del cellulare in privato, nervosismo, cancellazione frequente di chat – è importante non reagire con rabbia o giudizio, ma cercare il dialogo.
Nel caso in cui tu scopra contenuti inappropriati sul suo smartphone o se tuo figlio si confida con te, segui questi consigli:

  • Mantieni la calma: la tua reazione influenzerà profondamente il modo in cui tuo figlio vivrà l’esperienza.
  • Ascolta e non giudicare: fagli capire che non è colpa sua e che può contare su di te.
  • Non cancellare nulla: chat, foto, video e contatti possono essere prove utili per le indagini.
  • Non affrontare direttamente il contatto sospetto: evita di rispondere al groomer, potrebbe peggiorare la situazione.
  • Contatta immediatamente la Polizia Postale: puoi recarti in un ufficio di zona o usare il portale www.commissariatodips.it.
  • Valuta il supporto psicologico: uno specialista può aiutare tuo figlio (e la famiglia) a gestire le conseguenze emotive dell’esperienza.

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Educare alla consapevolezza è la vera protezione

L’adescamento online è un fenomeno reale, ma non inevitabile. Conoscere i rischi, mantenere un dialogo aperto con i propri figli e agire con prontezza in caso di segnali sospetti sono strumenti fondamentali per la prevenzione.
In un mondo dove il digitale è ormai parte della crescita, educare alla consapevolezza è la chiave per proteggere i minori. Non si tratta di demonizzare la tecnologia, ma di viverla insieme ai nostri figli, con attenzione, rispetto e fiducia reciproca.

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